50 anni di condoni e una certezza: più ne fai, meno incassi

da | Set 26, 2023 | Articoli | 0 commenti

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di Luciano Cerasa

Pace fiscale o pax romana? Se la sua proposta di condonare altri 15 milioni di contribuenti in arretrato col fisco dovesse andare in porto, Matteo Salvini potrebbe scalzare dal podio che occupa da quasi duemila anni l’attuale primatista europeo di sanatorie come “captatio benevolentiae”: l’imperatore Adriano appena incoronato dal Senato, cancellò col primo condono tombale della storia sedici anni di debiti verso l’Annona accumulati dai cittadini delle sue province. L’operazione di marketing politico dell’imperatore filosofo mandò in dissesto per un intero anno le finanze pubbliche, ma aveva da pagare solo legioni, panem et circenses e non 3 milioni e 230mila stipendi dei dipendenti pubblici, la sanità, l’istruzione, i trasporti, il welfare e, ultima ma non ultima, la difesa come l’emulo padano. Il segretario della Lega scrolla le spalle e garantisce: con il “saldo e stralcio” i contribuenti in difficoltà torneranno a pagare e l’Agenzia delle Entrate incasserà decine di miliardi di imposte da considerarsi ormai perduti.Dalla storia, magistra vitae com’è noto, e in particolare da quella del bilancio dello Stato arriva però una pacata smentita. In 50 anni di condoni, tributari, previdenziali, assicurativi, valutari, edilizi, la propensione a pagare spontaneamente le imposte in Italia è costantemente diminuita. Nonostante una pioggerellina costante di maxi e mini sanatorie, gli incassi dei provvedimenti di clemenza, rispetto alle previsioni sulla carta, si sono rivelati sempre un flop. E intanto il magazzino del non riscosso, calcolato dall’Agenzia delle Entrate, continua a lievitare: oggi vale 1.153 miliardi contro i 1.099 del 2021, i 999 del 2020, i 955 del 2019.Le ultime statistiche disponibili sull’extra gettito procurato dai condoni riguardano le sanatorie avviate tra il 2016 e il 2018. Le prime tre rottamazioni (è in corso una quarta) e il “saldo e stralcio” hanno portato nelle casse dell’Erario complessivi 19,9 miliardi di euro, rispetto ai 53,9 ipotizzati. Le briglie esattoriali si erano già allentate in quattro precedenti occasioni: la “mini sanatoria” delle cartelle di Equitalia fino a 300 euro, disposta dalla legge di Stabilità 2014 (previsti 600 milioni incassati circa 300), il nuovo ravvedimento operoso (2015), la riapertura dei termini delle dilazioni di pagamento per chi è decaduto dal precedente piano di rateazione (2015) e, infine, le sanatoria per i grossi evasori fiscali che hanno portato i capitali all’estero, le “collaborazioni volontarie” meglio note con la traduzione in inglese “voluntary disclosure”, uno e due (circa 6 miliardi di imposte versate su 151 miliardi di imponibile “riemerso”). Ma riavvolgendo il nastro della storia repubblicana riletta alla luce dei condoni, l’andamento “basse adesioni bassi incassi” appare un antico trend di fondo e non sembra legato agli alti e bassi del ciclo economico. Dal 1973 al 2003, calcolava il ministero dell’Economia guidato da Giulio Tremonti, una quindicina di operazioni avevano dato un “raccolto” di 50mila miliardi di lire (circa 26 miliardi di euro). Dal 2003 al 2011 l’obolo versato dagli aderenti alle sanatorie fiscali sale a 34 miliardi e 261 milioni mentre il tax gap, la differenza tra quanto dovuto e il versato all’erario, continua a crescere.Sconti poco allettanti? Improbabile visto che neppure la cancellazione d’ufficio di massa dei debiti iscritti a ruolo pare aver convinto le decine di milioni di italiani morosi a “fare pace” col fisco e a cominciare a pagare regolarmente le imposte, come teorizzato dai cantori delle sanatorie e dei condoni. Nel 2012 si decide l’abbandono della riscossione per la generalità dei ruoli esecutivi fino al 31 dicembre 1999 e l’annullamento dei crediti fino a duemila euro. Niente da fare, il monte crediti dell’Erario continua ad aumentare. Nel 2018 si ritenta e per scuotere l’apatia dei contribuenti – e, si dice, per alleggerire il lavoro di accertamento e riscossione dell’Agenzia delle Entrate – si avvia un altro intervento choc per la già scarsa credibilità residua del fisco. Questa volta si pensa più in grande: è previsto l’annullamento automatico di tutte le cartelle di importo residuo fino a mille euro, affidate agli agenti della riscossione dal primo gennaio 2000 al dicembre 2010. Risultato: debiti evaporati per 12,5 milioni di contribuenti e crediti cancellati per un valore nominale di circa 32 miliardi di euro, pari al 3,5% del magazzino dei ruoli da riscuotere. Visto il successo di critica e di pubblico nel 2021 si replica. Per soprammercato si aggiunge l’annullamento d’ufficio dei “singoli carichi” d’importo residuo entro 5mila euro, limitatamente alle persone fisiche con reddito imponibile nel 2019 fino a 30mila euro. Le legittime pretese d’incasso dell’Erario si abbattono di ulteriori 20 miliardi di euro.La mano tesa agli evasori pare funzionare almeno nelle cabine elettorali, tanto da meritare un ulteriore premio. Appena tornato al governo il centrodestra inserisce nella legge di Bilancio 2023 un nuovo annullamento automatico delle cartelle che si affianca all’ennesimo condono di turno, ormai divenuto ordinaria amministrazione per la contabilità dello Stato. In parallelo alla cancellazione di interessi e sanzioni sulle imposte evase contestate dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 si concede, senza alcuna richiesta da parte del contribuente, l’abbuono dei singoli debiti fino a mille euro affidati da amministrazioni pubbliche e enti previdenziali all’Agente della riscossione, questa volta dal 2000 al 2015. Il successivo “Milleproroghe” ha poi allargato la moratoria anche agli enti locali che non si avvalgono per la riscossione dell’Agenzia delle Entrate.Rino Formica, padre del leggendario condono tombale datato 1982, diceva: “Un condono fiscale in assenza di una modifica delle regole fiscali non è morale”. Quali? “La platea dei contribuenti, in Italia, è spaccata in due: da una parte i lavoratori dipendenti pubblici e privati, i professionisti che lavorano per le imprese, che pagano tutto col prelievo alla fonte e non hanno nulla da condonare e dall’altro tutti gli altri, i condonabili”. Da allora, era il 2013, non è cambiato nulla e per il futuro non si intravedono cambi di linea: la delega fiscale si rivolge a salvaguardare il portafoglio delle solite categorie a tassazione differenziata e in compenso si annunciano nuovi, risolutivi, condoni.


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